Nonostante ne soffrano circa 55 milioni di persone in tutto il mondo e circa 1,2 milioni di persone in Italia, spesso si fa un po’ di confusione e non si ha ben chiaro se parlare di demenza o demenze.
Facciamo un po’ di chiarezza.
Con il termine demenza o deterioramento mentale, ci si riferisce ad una patologia che riguarda un declino intellettivo cronico in persone che hanno precedentemente avuto uno sviluppo cognitivo normale.
In realtà sono diverse le patologie cerebrali che portano ad un deterioramento cognitivo, per questo è più corretto parlare di demenze piuttosto che di demenza.
In linea generale possiamo avere un quadro di declino cognitivo:
- Causato da patologie croniche. Dovuto cioè ad una degenerazione delle cellule cerebrali e per questo non sottoponibile ad un vero e proprio trattamento. In questo caso, il trattamento può rallentare il decadimento o rivolgersi ai disturbi che insorgono, ma non può, ad oggi, arrestare la malattia.
- Associato a patologie non degenerative come ad esempio traumi, alcolismo o infezioni del sistema nervoso centrale. In alcuni di questi casi, le persone che si sottopongono ad un trattamento farmacologico, possono rispondere positivamente.
- Conseguente a traumi o ictus. In questo caso il declino non è trattabile ma non ha un andamento progressivo, cioè non peggiora con il tempo come invece avviene nel primo caso descritto.
Demenze corticali e sottocorticali.
Un’ulteriore suddivisione prende in considerazione l’area del cervello coinvolta nel decadimento.
In base all’area coinvolta, infatti, la malattia si manifesta in maniera diversa, almeno nelle prime fasi.
In linea del tutto generale, per dovere descrittivo, dunque, possiamo dire che:
- Una demenza che origina da lesioni della corteccia cerebrale, presenta sintomi come afasia (disturbi di linguaggio), agnosia (disturbi di riconoscimento) e aprassia (disturbi del movimento).
- Una demenza che origina da lesioni sottocorticali, si manifesta con bradifrenia (rallentamento dei processi cognitivi), i disturbi di memoria e presenza di disordini affettivi come apatia e depressione.
Come già detto, questa distinzione può avvenire più facilmente nelle prime fasi della malattia e, in ogni caso, difficilmente si avranno casi puri, per così dire “da manuale”.
Ciò è vero perché, parlando naturalmente di esseri umani, come facilmente immaginabile, sono coinvolti vari aspetti della vita della persona.
Il grado di istruzione, l’ambiente sociale, la capacità di attingere a varie risorse personali ed ambientali, possono permettere alla persona di rispondere più o meno bene alle minacce della malattia, almeno nelle sue prime fasi.
Ne deduciamo quindi che una stessa malattia può manifestarsi in maniera diversa in persone diverse.
La persona al centro della cura.
Detto ciò, è possibile affermare che non esiste una demenza ma tante demenze in base alla causa, all’area cerebrale coinvolta e per ultimo ma non meno importante, alla persona.
La persona è e va tenuta sempre al centro del focus, non il suo disturbo.
Questo significa che accanto all’esigenza di dare un nome alla malattia, per attivare il percorso terapeutico adatto, diventa necessario conoscere la persona nella sua completezza e complessità.
Conoscere la sua famiglia e le persone chi si prenderanno cura di essa.
Perché è alla persona che vanno assicurate cure, rispetto e dignità, sempre.
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